Ha confessato l’omicidio di Giulia Tramontano e del bambino che portava in grembo, per la Procura che indaga sul femmincidio di Senago il caso è chiuso e per Alessandro Impagnatiello si prospetta l’ipotesi di un processo con rito immediato. Eppure sono ancora tante le bugie che il barista 30enne racconta agli inquirenti. Incongruenze che non trovano riscontro con le indagini e che potrebbero essere state architettate con lo scopo di evitare l’aggravante della premeditazione.
La dinamica: colpita alle spalle
Il primo punto che solleva i dubbi degli inquirenti è la modalità dell’omicidio di Giulia Tramontano. Impagnatiello ha dapprima detto di aver colpito la compagna con un coltello da cucina dopo che lei aveva compiuto un atto di autolesionismo, poi ha ritrattato dicendo che la giovane donna si era tagliata per errore poco prima che lui sferrasse il colpo mortale. Dalle analisi effettuate nell’appartamento di Senago, però, le tracce di sangue trovate in salotto fanno ipotizzare una dinamica diversa: Giulia potrebbe essere stata colpita alle spalle, con una coltellata alla gola che le avrebbe impedito di urlare.
Le tracce di sangue: I carabinieri della sezione investigazioni scientifiche hanno passato sette ore nell’appartamento di via Novella a Senago. Sul pianerottolo gli esami al luminol hanno rilevato talmente tanto sangue da far pensare a un “falso positivo”, e sangue è stato trovato anche in diversi punti della casa in cui Giulia e Impagnatiello vivevano. Anche su un carrellino portapacchi, che l’assassino avrebbe potuto usare per spostare il corpo, e acquistato dopo l’omicidio ma di cui non ha parlato nell’interrogatorio.
Il veleno per topi: Nell’appartamento sono state ritrovate due bustine di veleno per topi. La spiegazione di Impagnatiello è che sarebbe servito perché aveva visto due roditori vicino al posto di lavoro, ma anche questa versione non convince chi indaga. A far vacillare la credibilità del reo confesso, la ricerca effettuata sul web nei giorni precedenti: “veleno topi uomo”.
L’enigma delle telecamere
Altra omissione: Impagnatiello non ha detto di essere andato, martedì mattina, insieme alla madre, in un bar tabacchi vicino al luogo dove è stato ritrovato il corpo di Giulia per informarsi sulla presenza di telecamere. Allora Giulia risutava ancora scomparsa, ma il dubbio è che la richiesta di Impagnatiello fosse per assicurarsi di non aver lasciato prove immortalate in video.
I testimoni: Ieri, intanto, è stata ascoltata una vicina di casa e nelle scorse ore è stato sentito anche un addetto alle pulizie, che aveva riferito il fatto che Impagnatiello gli avesse chiesto in prestito una scopa per pulire la cenere sulle scale. Per gli investigatori, quella cenere potrebbe essere appartenuta ai vestiti di Giulia, bruciati nel tentativo poi fallito di disfarsi del corpo con il fuoco. In casa è stata trovata anche una lattina di benzina che sarà analizzata per risalire alla data dell’acquisto.
L’autopsia: Le analisi sul corpo di Giulia Tramontano sono fissate a venerdì. Serviranno a verificare se ci siano tracce di avvelenamento, in particolare da topicida. Dettagli utili per dare sostanza all’aggravante della premeditazione che i pm potrebbero contestare di nuovo nella richiesta di rito immediato, quando avranno chiuso le indagini (hanno tempo sei mesi dalla misura cautelare). Così come potrebbero riproporre l’aggravante della crudeltà, anche questa esclusa nell’ordinanza del gip.
Eventuali aggravanti
Restano da approfondire eventuali profili di favoreggiamento che potrebbero essere difficilmente contestabili ai familiari, essendo prevista in questi casi una causa di non punibilità. La madre accompagnò il figlio, secondo un teste, in un bar vicino a dove è stato trovato il cadavere. Lui chiese al gestore se c’erano telecamere fuori dal locale. Un elemento tutto da valutare, chiariscono in Procura. Cosa diversa sarebbe se dovessero emergere ipotesi di concorso nell’occultamento del corpo, altro reato contestato a Impagnatiello. Un testimone avrebbe sentito dei rumori come di un corpo che sbatteva sui gradini che conducono al box. Dettaglio che porterebbe ad escludere, in teoria, l’aiuto di un’altra persona a sollevare il cadavere.